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FATTI E FATTARELLI DI SELLIA .......E DINTORNI

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Messaggio  ZEUS Sab 24 Ott - 11:25

ARA PROCESSIONA DU PAISA

Che bei tempi quannu piccirilli faciamu i chierichetti ara Chijesa ‘cu a muzzetta, pariamu tanti angioletti???
L’arciprevita ce tenia assai ara nostra prisenza in Chiesa soprattutto quannu c’era na festa religiosa.
Mi recordu ‘ca duranta a Quaresima ‘u venerdì sira, prima da “Via Crucis” ,l’arciprevita stabiliva chi di noi avia ‘dde portara a Crucia.
Nui “angioletti”,chi ‘nni mancavanu sulu l’ali ma eravamu tali, sapiamu benissimo la fine che si andava incontro.
Quella sera…..il prescelto fu’ Nicola (nome inventato), anche se scommetto che qualcuno si identificherà sicuramente nel personaggio…dunque dicevo…..Nicola fu’ il fortunato amico mio del cuore, mi scappavamo le lacrime, ancora oggi mi domando se mi ero commosso dal dispiacere che la sorte avesse scelto lui oppure che l’avessi scampata io!!
Nicola le aveva provate veramente tutte,aveva esaurito il suo repertorio, abilmente ripassato a casa come una filastrocca ma non servì a molto.
Dice Nicola: “Arciprè,mi sentu mala, mi dola ra panza,mi vena ru vommicu…”
L’arcipreviata irremovibbila.
Dice Nicola: “Arciprè, c’è a mamma chi m’aspetta ara casa m’ha dittu numma fazzu tardu…”
L’Arciprevita si gira comu na furia e stuffu e tutti sti languri, ce ietta nu buffettuna aru mussu !! nu tonfu chi rimbimbau pe’ tutta a sacrestia.
Dice L’Arciprevita:”Nicò và pija subitu a Crucia o tifazzu passara a gulia ma cunti fisserii.
Il povero Nicola tra u cazzottu chi avia pijatu e tra il compito che di lì a poco doveva assolvere,avia de ijra aru “bagnu” chiamiamolo così.
“Arciprè, mi scappa a piì”.
Pam, ‘natru cazzottu “ t’aiu dittu numma cunti ciù fisserii”.
Povero amico mio ,nessuno di noi, si sarebbe voluto mettere nei suoi “ panni” e in quel momento meno che mai visto che la liberò senza pensarci 2 volte.
Tutti i pantaloni bagnati e come si vedeva!!!!
L’Arciprete un po’ imbarazzato , ma non poi più di tanto:”bene ti sta a prossima vota t’impari ma cunti buggij e moticata ma va e pij sta Crucia”.
Finalmente inizia la Via Crucis,Nicola avanti con la Croce e noi tutti dietro con le candele accese.
“Nicò, statti fermu ce sta facennu pijara ‘u terramotu a sta Crucia, vida ca tinne ijettu ‘natru…”
Il caro Nicola effettivamente non stava fermo perché na vota si girrava ‘dde na parta, na votra e ‘’natra preoccupato.
Man mano che si andava avanti con le “ stazioni” a 1°,2°,3°ecc….Nicola si rincuorava sempre di più pensando che dopo quello che era successo a lui i suoi amici avevano avuto un po’ di clemenza.
Ormai convinto di questo,si arriva all’ultima stazione, mentre rispondevamo ara ‘mposta dell’arciprevita,Antonio, il più piccolo di tutti e ‘ ciù malu cupatu,fa finta d’nciampare e la candela và dritta dritta subra a capu e Nicola.
Non ci vuole molto affinchè la fiamma attraversi la folta chioma del poveretto , l’arciprevita in quel nano secondo e non capendo cosa fosse successo, prima ce ijetta l’ennesimo buffettuna aru mussu convinto che l’artefice fosse solo lui anche se non avesse capito come e poi per appappare il fuoco sulla testa ci butto di tutto compresa l’acqua santa rimasta.
Vi lascio immaginare la reazione delle persone ,China ridia, china ciancia e china gridava…..
Anche questa volta, possiamo dire MISSIONE COMPIUTA!
Tra una risata e l’altra nella mia mente già pensavo chi sa’ chi sarà il prossimo venerdì a portare la croce?
Ah! Io certamente no! Sono certo che sarò ammalato e purtroppo dovranno fare a meno di me!
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Messaggio  zagor Dom 25 Ott - 0:33

Bravo Zeus cosi ti voglio! voglioso di raccontare i fattarelli de na vota e renderci parcecipi di queste belle storielle goodboy
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Messaggio  ZEUS Dom 25 Ott - 8:19

Trattasi di storia vera documentata quindi ho preferito non cambiare i nomi dei protagonisti
Palazzo De Nobili. Catanzaro. Adele De Nobili
Adele, suora fantasma

La storia si pone fra la fine degli anni 1830 – 1840 a cavallo del periodo storico carbonaro-rivoluzionario racconta di una disgrazia catanzarese di due famiglie fra le più note della città s’innamorarono.
Lei, Adele, figlia del marchese De Nobili (già deceduto al tempo del nostro racconto) era appena ventenne e viveva nel suo palazzo (Palazzo De Nobili, appunto, oggi sede del Municipio) insieme alla madre e ai suoi tre fratelli. Lui, Saverio Marincola, figlio dell’omonima casata nobiliare, è il personaggio maschile. I due s’incontravano furtivamente in quanto la loro relazione era osteggiata dalle due famiglie che erano divise anche per le loro tendenze politiche: l’una, la famiglia De Nobili, fedele al governo borbonico, l’altra, i Marincola, progressista e rivoluzionaria, appoggiava la politica indipendentista carbonara. Saverio, ogni sera incontrava Adele sotto la sua finestra (l’ultima finestra a destra della facciata anteriore di Palazzo De Nobili) e qui i due con la paura di essere scoperti dai fratelli di lei, si lanciano baci e promesse d’amore. Ma, una sera, il maggiore dei fratelli di Adele si accorge della tresca, apre il portone principale del palazzo ed affronta a duello Saverio; quest’ultimo si difende ma poi riesce a fuggire, incalzato non solo dal maggiore, ma anche dagli altri due fratelli della fanciulla. Ad Adele, che viene reclusa nella sua stanza, ma il Marincola escogita un piano per poterla rivedere, facendo in modo che ella non rischiasse di farsi scoprire. Saverio arrivava la sera sotto Palazzo De Nobili in sella al suo cavallo, i cui zoccoli erano ferrati d’argento in modo tale che il suono emesso durante il galoppo fosse diverso da quello degli altri cavalli che normalmente avevano gli zoccoli in ferro. Quel suono, per Adele, era un segnale, ed ella si affacciava alla sua finestra per rivedere e salutare l’amato. La storia non evolve per almeno sei mesi; quando, una sera, intorno alle ore 21.00, il Marincola, provenendo dalla zona di Catanzaro Lido, dove si era recato ad ispezionare alcuni latifondi, viene appostato, nei pressi della salita di rione Samà, e fermato da alcuni colpi di carabina che alcuni sconosciuti gli sparano contro: soccorso da alcuni presenti, morirà dopo due ore. Alla notizia della morte di Saverio, Adele si rinchiude nel suo dolore. Non mangia, non dorme, non vuole vedere nessuno. La magistratura indaga e scopre i colpevoli: sono i fratelli di Adele. I tre fratelli De Nobili fuggono nottetempo salpando verso l’isola di Corfù. Adele, affranta, lascia il palazzo, arriva in carrozza fino a Pizzo Calabro e qui s’imbarca per Napoli dove viene accolta nel Convento delle “Murate Vive”. E’ qui, divenuta suora, che trascorrerà il resto della sua vita. Intanto i fratelli, dall’isola di Corfù, condannati in contumacia, fanno sapere agli operatori di giustizia che, se il loro reato fosse stato perdonato, avrebbero rivelato alle autorità di una certa operazione rivoluzionaria che, dall’isola di Corfù, sarebbe approdata sulle coste calabresi per tentare di far insorgere gli animi al patriottismo, contro i Borboni. Questa spedizione, in effetti, era capitanata da due fratelli che, ufficiali nella Marina Austriaca, nel 1841 disertarono per la causa dell’unità e libertà d’Italia e fondarono la società segreta “Esperia”, affiliata nel 1842 alla Giovine Italia di Mazzini. I due fratelli erano i famosi Attilio ed Enrico Bandiera (Venezia 1810 e 1819, vallone di Rovito, Cosenza 1844) che sbarcarono in Calabria per fomentare una sollevazione ed, appunto, furono traditi e fucilati il 25 luglio 1844 a Cosenza per la delazione dei fratelli De Nobili. In conseguenza alla loro delazione, i fratelli De Nobili, furono prosciolti dalla condanna di omicidio e fu permesso loro di rientrare in Calabria. Il più piccolo di loro cercò di farsi perdonare dalla sorella ed andò a trovarla a Napoli pur sapendo che era difficile vederla ma, ella rifiutò risolutamente di incontrarlo. Adele si considerava morta per il mondo intero e non avendo il coraggio di uccidersi, aveva deciso, pur soffrendo enormemente, di essere per sempre il simbolo del rimorso per i fratelli che si erano macchiate le mani di sangue. Dopo la morte di Adele, molti testimoni giurano di aver visto una figura spettrale, vestita da suora, aggirarsi nel Palazzo De Nobili. Molti di essi sono gli impiegati del Comune di Catanzaro che, anche durante il giorno, vengono disturbati da rumori improvvisi (come lo strano trascinarsi di catene), spostamento di oggetti e improvviso chiudersi o aprirsi di porte. Inoltre, la notte, gli uomini di vigilanza dell’agenzia: “Buccafurri”, dichiarano di rimanere con molto disagio nell’atrio del Municipio e, soprattutto, di essere timorosi nel fare il giro d’ispezione per le stanze, dato che alcuni di essi hanno visto e sentito lo spettro di Adele. E’ uno spirito ancora carico di rancore e di odio per la morte ingiusta del suo amato Saverio, vittima incolpevole di un amore non realizzato. Il fantasma della fanciulla torna nella casa paterna, nella speranza di rivedere ancora una volta quello di Saverio, ma non può più farlo perché affacciarsi alla finestra della sua stanza è impossibile, in quanto, nel frattempo, è stata murata. L’anima della suora vaga poiché dannata. Non è stata, in effetti, la fede a farle prendere i voti, ma la disperazione e l’odio, quindi il suo giuramento verso Dio fu falso e ciò la condanna a vagare per sempre.
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Messaggio  dirramatore Dom 25 Ott - 20:31

ajalà chi papellu chi scrivisti!!!!
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Messaggio  ZEUS Lun 26 Ott - 14:31

Si , a reggiuna, ma armenu t'anu piaciutu?
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Messaggio  007 Lun 26 Ott - 15:08

Bravo Zeus, anche questa e' cultura.
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Messaggio  dirramatore Lun 26 Ott - 15:21

ZEUS ha scritto:Si , a reggiuna, ma armenu t'anu piaciutu?

bellissimu!!
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Messaggio  Admin Lun 26 Ott - 18:51

Molti anni fa, ad ogni capitolo di cattedrale, venivano assegnate elargizioni reali che variavano in proporzione dell'importanza che esse rivestivano e del numero dei componenti. Un anno accadde, che a Catanzaro, per una strana coincidenza, morirono molti canonici, vuoi per l'età, vuoi per malanni, in un breve lasso di tempo lasciarono questa vita e la comunità. Poiché da lì a breve si aspettava l'ispezione regia, si temette che tutto ciò avrebbe influito drasticamente sulle riduzioni delle elargizioni reali e ci si dovette ingegnare per ovviare una tale eventualità. Un vescovo e il suo decano, ebbero una felice idea: commissionarono agli artigiani locali tanti manichini in legno quanti erano i canonici deceduti. Quindi li vestirono con gli abiti talari e li sistemarono seduti in mezzo al coro, sicuri che gli ispettori non si sarebbero accorti di nulla in quanto si sarebbero limitati come sempre a dare un'occhiata sommaria, facendo un controllo approssimativo, e giustificando qualche immobilità con la sonnolenza determinata dall'età. Così tutto andò meglio del previsto, perché ottennero generose elargizioni con grande soddisfazione degli autori dell'imbroglio che, visti i risultati, ricorsero anche negli anni successivi a tali espedienti. Alla lunga la cosa arrivò alle orecchie degli ispettori, i quali, per non passare da gabbati, perdonarono il fatto ma da allora controllarono con maggiore attenzione, che i canonici fossero vivi e vegeti, ispezionandoli da vicino fino anche a tastarli. Da tutto ciò è rimasta l'espressione "Fini' 'u tempu di' canonici e lignu (è finito il tempo dei canonici di legno), per indicare che la gente si è fatta furba e non si lascia facilmente raggirare.

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Messaggio  Keope Lun 26 Ott - 19:31

Simpatica questa storia...............
Vorrei sapere se qualcuno conosce delle notizie o degli aneddoti sulla famosa banda di S.Martino che c'era a Sellia.
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Messaggio  007 Lun 26 Ott - 19:42

Doveva essere una banda musicale che suonava con bicchieri e bottiglie di vino.....
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Messaggio  Admin Lun 26 Ott - 19:44

Che io sappia su questa banda c'e' piu' ricamo che polpa, nel senso che ho sentito dire che erano un gruppo di ruba galline che ogni tanto rubacchiavano qualcosa e poi facevano qualche "scialata" nelle campagne.
Insomma una banda di affamati ed avvinazzati buontemponi.

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Messaggio  Keope Lun 26 Ott - 20:03

Insomma una banda dedita al salute salute salute salute salute salute salute salute salute
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Messaggio  ZEUS Mar 27 Ott - 8:18

IL BRIGANTE DI PANETTIERI
"La vita si svolge relativamente pacifica in quello che fu detto il paese della Madonna o anche il paese dei preti. Schiere di sacerdoti uscirono difatti dal suo grembo diffondendo ovunque l’ansia del bene e la pratica delle virtù cristiane. Ben cinque fratelli Capilupi furono sacerdoti contemporaneamente. Fuori dalle grandi vie di comunicazione, Pentone si tenne tranquilla. Gli eserciti dei conquistatori passarono al largo e il piccolo paesello restò immune anche dalla piaga del brigantaggio. Solo il famigerato Giosafatte Talarico calò sulle montagne di Pentone ma lo fece solo per avvicinarsi in devoto raccoglimento al Santuario della Madonna di Termine di cui, si diceva, portasse costantemente uno scapolare".
Giosafatte vive ancor oggi nella memoria collettiva del suo paese, Panettieri, e dei paesi vicini, come il vendicatore dei torti, il romantico difensore dei deboli! Giosafatte fu un brigante solitario e particolare: uccideva solo per vendetta o per ridare ai poveri quello che l'arroganza dei baroni aveva loro tolto! La sua abilità nel travestimento, la sua cultura e soprattutto l'accortezza di non legarsi per troppo tempo a bande numerose, ma avere solo due amici fedeli: Felice Cimicata di Taverna e Benedetto Sacco di Castagna, fecero di lui un imprendibile fantasma, una leggenda vivente! Solo un patto con il monarca borbonico lo stanò dalle selve silane. Nel 1845 il re Ferdinando II, desideroso di dare all'Europa un'immagine pulita del suo regno, constatato che con la repressione non riusciva a venire a capo del fenomeno e insensibile alle tematiche sociali, vero scoglio insito nella sua mente e insuperabile dalla sua mentalità, propose a Giosafatte e ad altri briganti di arrendersi in cambio di una nuova e libera vita lontano dalla Sila. Giosafatte così venne esiliato nell'isola di Ischia dove ebbe casa e stipendio. Aveva allora 40 anni e altri 40 visse in completa tranquillità davanti al mare! Dopo l'unità il deputato nepoletano Mariani con un'interrogazione parlamentare chiese se fosse giusto mantenere a spese dello stato un brigante graziato dai Borboni.
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Messaggio  ZEUS Gio 29 Ott - 8:20

RICORDI LONTANI………..
La giornata cominciava all'alba,ci si alzava presto , prestissimo e prima di partire per la campagna si andava a Messa , tutti, uomini e donne e poi si tornava a casa,dove la nonna aveva preparato ‘na bella fressurata de pipi e patati,pasto semplice ma che riempiva lo stomaco per un’intera giornata. Si camminava a lungo per raggiungere le campagne, dove si lavorava senza sosta fino al tramonto del sole.
I lavori erano molto pesanti anche per le donne, che andavano a lavorare in campagna ed affidavano i piccoli alle sorelline di qualche anno più grandi oppure ai nonni ormai grandi e consumati da una vita usurante .
Appena l’età lo consentiva anche se si era sempre molto piccoli ,noi bambini dovevamo seguire i nostri genitori in quelle campagne troppo grandi per noi e che non finivano mai. Si raccoglievano le olive ed il grano - per le provviste di olio e farina -, ma anche cicorie e rape per la cena.
Le case di prima si sviluppavano su un solo piano, avevano il pavimento di calce battuta e ricevevano luce da piccole finestre e dalla porta a due battenti.
Il letto matrimoniale era molto alto, costituito da due cavalletti di ferro, su cui poggiavano delle tavole, sopra le quali era posto il materasso.
Solo i benestanti potevano permettersi un materasso di lana, che ogni anno in primavera veniva rifatto. Anche la paglia del materasso veniva pulita e rinnovata, aggiungendone di nuova.
Il letto non ospitava solamente i genitori, ma anche numerosi bambini. Inoltre, esso fungeva da ripostiglio, sotto cui venivano nascoste. le provviste.
C'era anche un portabiancheria ed un letto per qualche figlio; un piccolo tavolo, che serviva anche per conservare bene i fichi secchi e le mandorle.
L'angolo cucina comprendeva un piccolo camino, che serviva non solo per scaldare la casa, ma anche per cuocere i legumi nella pignata.
Un tavolo basso serviva per mangiare e per molti altri usi.
Quindi, nelle antiche case si viveva in pochi metri quadrati in dodici o piu` persone.
Fare il pane era un vero e proprio rito, che si ripeteva ogni settimana. Si andava alla marina per prendere l'acqua salata. Ci si recava, quindi, dal fornaio, per prenotare.
Poiché la farina poteva presentare impurità, perchè era macinata nel mulino locale, l'impasto richiedeva molta fatica. Dopo che era stata impastata, la massa si lasciava lievitare per molte ore e all'alba si portava al forno, dopo la chiamata del fornaio ma la maggior parte delle persone il pane se lo cucinava nei propri forni. Il pane così pronto si riponeva dentro dei “cannizzi”, posti vicino al soffitto
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Messaggio  zagor Ven 30 Ott - 18:05

Zeus sei un vulcano ,veramente belli sti fattarelli continua così a deliziarci con questi bei racconti stosveg
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Messaggio  Tonino Ven 30 Ott - 18:13

eiu i volerra lejira ma l'avatar e zeus mi fa spagniara, bravo ogni tantu mintaccenna ncuna in dialettu ca facimu nu ripassu e paroli
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Messaggio  ZEUS Ven 30 Ott - 19:45

Grazie Zagor,sono contento di deliziarti con i miei racconti, ci vuole un po' di tempo per leggerli ma d'altra parte i fattarelli sunu nu pocu longhi!!
Tonì, in effetti i fattarelli in dialetto sono più belli ma ce vò troppu tempu !!!mannaja.
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Messaggio  roddy Ven 30 Ott - 19:52

voglio leggere qualche fatto di magare---- paura
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Messaggio  ZEUS Ven 30 Ott - 20:01

Roddy, può darsi che ti accontenterò!! ciao
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Messaggio  Admin Ven 30 Ott - 22:06

Era una bella ragazza, delusa in amore, amareggiata per l'abbandono del suo fidanzato, sicuramente disperata! Qualcuno disse che era infelicemente in attesa di un bimbo… e, a quei tempi, le vie d'uscita per superare la vergogna e lo scandalo, oltre che il dolore, erano realmente molto scarse. Fu lei che “inaugurò”, in un modo tragico, quello che per oltre trent'anni (fino alla costruzione, nei primi anni ‘60, del non meno noto, per gli stessi motivi, Viadotto Morandi) fu definito, a giusta ragione, “il ponte maledetto” e poi, visto che in molti seguirono il triste esempio della ragazza, “il ponte dei suicidi”. La giovane donna pose fine ai suoi giorni lanciandosi giù dal ponte. La trovarono dopo molto tempo, per caso, proprio perché nessuno immaginava che avesse potuto ideare ed attuare quel tipo di gesto estremo in quel luogo. Il ponte esisteva da troppo poco tempo e la sua costruzione non era stata realizzata per gli scopi ai quali la fanciulla si ispirò. Esso era nato per facilitare le comunicazioni fra Catanzaro Centro e la periferia, ma per lei rappresentò solo il mezzo per la definitiva interruzione delle comunicazioni con il mondo intero! L'anima in pena della ragazza si aggirò per molti anni nei pressi del “ponte maledetto”. Fu vista da molti testimoni, negli anni a seguire, sia di notte che di giorno, i quali, a turno, periodicamente, raccontavano di aver incontrato o intravisto la triste figura di una donna che compariva improvvisamente alla vista di chi attraversava il viadotto, per poi sparire repentinamente ed inspiegabilmente. Il comune denominatore delle apparizioni era uno: ella portava un vestito bianco (il vestito che aveva indosso quando la ritrovarono) il quale, in inverno, appariva quanto mai inadatto e di notte acquistava una innaturale luminescenza. Lo spettro non fece mai nessuna comunicazione verbale (in nessun racconto è stato riferito che ella parlò). Chi riuscì a vederla meglio, disse che era visibilmente triste o piangente, appoggiata alla balaustra, nell'atto, a volte, di guardare giù… ma quasi sempre ferma, in attesa. E' chiaro che ella volesse solo “farsi vedere”, ripetutamente, di modo che si parlasse di lei. Forse solo per ricordare ai passanti, o a chi conosceva la sua storia, che lei “esisteva” ancora, oltre la morte.

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Messaggio  ZEUS Ven 30 Ott - 23:00

Admin, se posso, vorrei aggiungere alla storia che hai scritto, un proseguo .
Si racconta che quel ponticello era meglio non attraversarlo se in macchina c'era un bambino non ancora battezzato tanto più quando cominciava a scendere la sera o perlomeno se propio non se ne poteva fare a meno, addosso al bambino si doveva mettere l'immaginetta della Madonna o di Gesù.
Ovviamente, c'è chi a queste cose non ci crede, ebbene una sera, la fam......facendo ritorno a casa, doveva necessariamente attraversare il ponte, papà alla guida a fianco la moglie e il loro bambino di pochi mesi seduto nel seggiolino (non ancora battezzato) dietro il posto guida .
E' successo tutto in un attimo.............il papà guardando nello specchietto retrovisore, per controllare il figlioletto se dormiva o meno,scorge seduta vicino a lui, una ragazza vestita bianco.
Il papà perde il controllo della macchina che si và a schiantare nella corsia opposta ,un'auto in lontananza vista la scena riesce ad evitare l'incidente.
La moglie in quel momento, descrive di aver visto la figura di una donna vestita con una specie di camicia di notte lunga e bianca buttarsi dal ponte.
Inseguito hanno poi ricostruito tutta la storia.
Vi devo dire sinceramente che quando passavo da qual ponte di sera, lungo la schiena mi percorreva un brivido di paura.
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Messaggio  Admin Ven 30 Ott - 23:02

Zeus, mi hacisti ngrizzulara i carni... paura affraid

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- Giacomo Leopardi -
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FATTI E FATTARELLI DI SELLIA .......E DINTORNI - Pagina 2 Empty Re: FATTI E FATTARELLI DI SELLIA .......E DINTORNI

Messaggio  007 Ven 30 Ott - 23:15

Non ho mai sentito questa triste storia,ma ci credo.
Purtroppo quel ponte e' stato teatro di molte disgrazie,ma nonostante tuttu,quella ringhiera e' sempre la stessa,per scavalcare ci si impiega un attimo.
Oltre 20 anni fa, mi trovavo in appartamento che affaccia propio di fronte il ponte ,mi chiamano ,vuoi vedere uno che si vuole buttare dal ponte, incredulo mi avvicino alla finestra, e vedo che un giovane aveva scavalcato la ringhiera ed era li pronto per liberarsi nel vuoto,si teneva con una sola mano e un solo piede appoggiava sul ponte, e' rimasto li per otre un quarto d'ora,pregavo che non si buttasse,dopo un po si avvicina un uomo si mette a dialogare con quel ragazzo,dopo piu' o meno 5 minuti, si arrampica sulla ringhiera ritorna sulla strada ,a questo punto abbraccia quella persona ,salgono in quella macchina e vanno via.
Questa e' una scena veramente vista,che non potro' mai dimenticare.
Saluti
007
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Messaggio  ZEUS Sab 31 Ott - 14:14

REGGIO CALABRIA
Nel 1753, sulla fondamenta di un'antica villa gentilizia, fu edificata questa Casa che, fin dalle sue origini, è appartenuta alla nobile famiglia dei Gullì. Molti misteri e oscuri fatti si celano dietro le mura di questa edificio, definitivamente abbandonato nel 1943 e chiamato "Casa dei fantasmi", per via degli strani fenomeni che si verificano al suo interno. Infatti, molto persone, affermano di aver visto la figura di un uomo magro, vestito di nero, vagare tra le stanze in rovina; altri dicono di aver udito un pianoforte suonare e una voce chiamare la madre.
Tommaso Gullì, medaglia d'oro ed eroe di guerra, fu trucidato a Spalato nel 1920, e lasciò così la moglie Maria Nesci e i tre figli, Vincenzo, Agata e Anna, a vivere soli nell'antica casa dei Gullì.
La famiglia ebbe rapporti ambigui con i nazisti che, proprio in quel periodo, avevano da poco occupato Reggio Calabria. Probabilmente i tedeschi miravano ad occupare la Casa, poichè si trovava in una posizione strategica, fu per questo che spesso e volentieri alcuni ufficiali nazisti frequentavano le figlie dei Gullì.
Vincenzo, unico maschio della famiglia, era un ragazzo sensibile e schivo, succube della rigida autorità della madre Maria. Quando qualche persona entrava nella Casa, il giovane si nascondeva nella propria stanza per suonare il pianoforte. La madre, ai propri figli, aveva imposto un'educazione bigotta, basata su ideali di nobiltà ormai scomparsi da decenni, e soprattutto sulla venerazione esasperata della figura del padre Tommaso.
Il 9 febbraio del 1943, Vincenzo, rimasto solo nella Casa, ammucchiò in una stanza tutte le cose appartenute al padre, foto, libri, divise, e dopo aver cosparso se stesso e gli oggetti con olio di bergamotto, si diede fuoco insieme a tutti quei ricordi, morì così tragicamente in quel terribile incendio che distrusse parte della villa.
Vincenzo, prima di morire, lasciò un biglietto che diceva queste poche ed enigmatiche parole: "ai carnefici di mio padre le mie ceneri".
Secondo alcuni, la sua morte non fu un suicidio ma un omicidio, forse voluto dai nazisti.
Poco dopo, la famiglia Gullì, abbandonò definitivamente la Casa e Reggio Calabria, lasciando così un alone di mistero su questa tragica storia.
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Messaggio  ZEUS Sab 31 Ott - 14:34

Il viadotto di attraversamento del torrente Musofalo, realizzato a sole tre campate principali, con luce massima tra le pile di 95 metri ed altezza dal fondo valle di circa 94 metri, è di particolare pregio ingegneristico, struttura ad arco unico, progettato dall’Ing. Prof. Emanuelli docente di ponti alla scuola di Ingegneria di Roma, costruito dalla ditta Sacripante ed Emanuelli di Roma a partire dall’ottobre del 1928 ed inaugurata nei primissimi anni ‘30.
FATTI E FATTARELLI DI SELLIA .......E DINTORNI - Pagina 2 G980611

LA LEGGENDA

Addirittura la trasmissione Misteri condotta da Lorenza Foschini più volte si è interessata dell’enigma che avvolge il ponte di Siano, il viadotto che collega il centro di Catanzaro con il borgo periferico.

La storia inizia nel lontano 1936, quando Giuseppe Veraldi viene trovato ai piedi del viadotto. Si pensa immediatamente al suicidio. Ma dopo tre anni avviene qualcosa di inspiegabile. Maria Talarico, un ragazza di diciassette anni, viene posseduta dallo spirito di Veraldi. Parla con la voce del defunto e descrive fatti e avvenimenti che solo il ragazzo può conoscere. Come le circostanze della sua morte. Non si è suicidato, ma è stato ubriacato, picchiato e poi trasportato sotto il ponte da quattro uomini di cui fa nome e cognome. Le autorità giudiziarie non possono intervenire, perché le affermazioni non possono costituire prove dell’omicidio. Si può parlare di soprannaturale? Secondo la Società Italiana di Metapsichica sì. Molti studiosi hanno effettuato ricerche approfondite, hanno analizzato e studiato la ragazza. La conclusione è sempre la stessa: "possessione spontanea da parte di entità disincarnata". A suffragare questa tesi interviene anche la teoria "dell’impregnazione psichica", secondo cui al momento della morte, specialmente se violenta e improvvisa, l’individuo tende a emettere onde cerebrali molto intense. Questi flussi finiscono per impregnare il luogo della morte, dando così vita a fenomeni paranormali. Non è inoltre da escludere l’ipotesi che la Talarico, avendo assistito al ritrovamento del cadavere, abbia adattato una parte delle propria personalità con quella del defunto.
Nel 1939, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non si diffonde scetticismo. A Siano tutti credono alla storia soprannaturale. Il viadotto soprannominato "ponte maledetto" è meta di molti aspiranti suicidi che, spinti da motivi sconosciuti, scelgono di gettarsi nel vuoto. Ancora oggi il ponte è teatro di avvenimenti paranormali. Sembra che sulla strada si aggirino spettri che in qualche occasione si rendono visibili, almeno a detta dei passanti. Per esorcizzare il posto il Comune ha posto l’effigie della Madonna di Porto, che invita alla preghiera per tutte quelle anime che non riescono a riposare in pace. Tuttavia si sono verificati altri casi di possessione che hanno coinvolto sensitivi. Ma il limite tra realtà e finzione è sempre molto sottile. Le conclusioni sono sempre troppo complesse.
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