per chi votare?

Io (e non la faccio lunga in quanto mi voglio attenere al mio nick/avatar), mi associo a Domenico e a uzurifotulu (più in là commenterò l'intervento del Commy-che saluto). Aggiungo solo che è DA SEMPRE che affermo che la chiave di volta sono i giovanissimi...a cominciare dalle elementari...ma costa tempo, dedizione e tanto idealismo*, derrate queste introvabili a Sellia...e per questo carissime! L'ho scritto e lo ripeto, il tema giovani e giovanissimi cozza con il "poltronismo" o "arrivismo"...non sono loro che decidono se pilotare il voto a X o Y...quindi non sono degni di tempo, dedizione e idealismo. Però, poi, immancabilmente, ogni tornata elettorale ci si sveglia, ipocriticamente, e ci si dice che Sellia non migliora, che a Sellia i capu 'ncancianu...


*Chi ne ha (specialmente di idealismo) e lo manifesta viene deriso e tacciato di poca "praticità", di poco "saperci fare", di "non essere sbertu". Cioè, tutte caratteristiche queste che, nel tempo, hanno dato i loro "frutti" (e si vede!) a Sellia. La colpa, ovviamente, non è solo di Sellia in sè, ma è anche e soprattutto di ciò che il "sistema" Italia ci impregna ogni giorno di episodi viziosi e non certo virtuosi. Tuttavìa, la nostra responsabilità più grande è essere coscienti di ciò e non fare abbastanza per invertire la tendenza.

La situazione a Sellia non è facile, ma non è nemmeno irrisolvibile, perché se lo fosse si dovrebbe parlare d’altro e rinunciare alla risoluzione dei problemi che fanno parte integrante della vita in sé. L’Adm chiede chi e come dovrebbe rompere un certo ciclo vizioso instauratosi negli anni. Fermo restando che la bacchetta magica non ce l’ha nessuno, a Sellia si dovrebbe effettuare un semplice sforzo da parte di tutta la comunità. A parte l’apporto della chiesa che è e può essere un elemento importante nell’equilibrio generale, bisogna che la comunità o la maggior parte della comunità riconosca la personalità di alcuni membri della stessa che per conoscenza diretta si siano distinti nell’essere stati “imprenditori” del sociale e, riconosciuti in quanto tale, anche dai più scettici, abbiano convinto il prossimo che voglion attuare e attueranno, datagliene la opportunità, in quell’ambito in maniera del tutto DIS-interessata, mettendoci di contro tutto l’interesse possibile per il bene di Sellia. Non sto dicendo che è la comunità che si deve mettere a scegliere, arbitrariamente, qualcuno che sembra papabile in tal senso. Tutt’altro, sto dicendo, invece, che si ha bisogno di avere (la fortuna) che tra i residenti ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di mettersi in gioco ( e questa non è una novità); qualcuno che abbia il senso del “pubblico servire” (e anche questo, a parole, non è stata una novità); qualcuno che abbia dei principi etici tradizionalmente riconosciuti da tutti (anche qui, purtroppo, solo a parole) e che da tutti ( sempre a parole) ossequiati: questo potrebbe essere un inizio di novità; qualcuno capace di sostenere un contraddittorio senza offendere, cercando, invece, di far capire i pro i con delle sue scelte, ammettendo, quando è il caso, lo sbaglio sincero del proprio operato; qualcuno che sia capace di essere percepito trasversalmente tra i “potentati” di Sellia, avendo l’abilità di far capire a quest’ultimi che se la situazione non cambia anche loro, attraverso la loro discendenza, ne pagheranno le conseguenze di opportunità: questo mi pare che sarebbe un’altra novità; qualcuno che ha preso coscienza della caducità della propria esistenza e della fugace soddisfazione materiale e che, per questo, SCEGLIE deliberatamente di nutrirsi del rispetto altrui e trovare grande soddisfazione nell’essere stato accettato dalla maggior parte (possibilmente unanimemente, perché no?) della comunità e aver sconfitto l’invidia, l’astio, i tradimenti, l’ipocrisìa, ecc. (e questa, a parte don Francesco, sarebbe una grossa novità); qualcuno che, da tutti quelli che non la pensano come lui o lei, venga “sentito”, “avvertito” come avversario leale, sincero e rispettato e non come un nemico da infangare solo perché la pensa diversamente; qualcuno che ponga l’accento utilitaristico nell’agenda delle priorità di Sellia, e che solo dopo possa spendersi per i favori personali; qualcuno che semplicemente, quando gli o le si chiede il perché lo fa, risponda semplicemente: “Vorrei essere ricordato, negli anni a venire, come un/a vero/a Sellioto”.
Adm, i mezzi a disposizione si hanno a Sellia e sono gli stessi che si hanno in altri paesi e non solo i paesi o paesini del nord, ma anche quelli del sud. “Strumenti”, quali genitori, scuola, associazioni culturali e sportive, ecc. la bacchetta magica non c’è, ci vuole buona volontà e alti ideali…per arrivare almeno a mezza altezza! Quindi, niente lavaggio del cervello...non è questo lo scopo per cui si sta facendo "tanto rumore per nulla": inoltre , mi pare che questo forum(uno dei tanti strumenti del chip) dimostri che ormai sia alquanto difficile farlo. Circa le "madrasse" penso che il termine sia caldamente da rivedere. Adm, ascolti, dunque, l’ultimo dei “barbieri”, quel qualcuno ci vorrebbe proprio, perché il tempo, quel tiranno, resta, noi andiamo.

Caro Adm, mi preme rispondere e non mostrarmi indifferente al merito, conscio del fatto che non sempre il “tiranno” Crono me lo permette. Parli, giustamente e inerentemente, di visione (che ho legato, nei miei precedenti interventi, a derisione, ingenuità e impraticità). Avere la visione di un qualcosa o essere un visionario implica la condizione di non soddisfazione in cui tale persona, un suo caro, un suo amico, la sua comunità, la su terra natìa o nazione versa. La storia insegna: famosi visionari, a cominciare dal famoso (per chi ama la filosofia) episodio del “Mito della Caverna” di Platone, che stava per finire con un linciaggio… passando per Gesù, Bruno Giordano, Galileo, Gandhi e Martin L. King, ecc. Tornando a… terra. A Sellia, nonostante l’esigua popolazione, ci saranno decine di persone insoddisfatte. Dunque, il punto meritevole di più profonda considerazione è un altro, cioè, non è tanto lo “stato di” (in questo caso) insoddisfazione da rilevare (ben noto a tutti), ma è il “grado di” insoddisfazione esistente in questi cittadini insoddisfatti. Mi domando, qual è la loro “soglia di sopportazione”, quando arriveranno a dire cà a cordella sé stoccata? Uzurifotulu, amaramente constata il menefreghismo dilagante. Non è difficile credergli, non è difficile capire il suo pessimismo. Prendo spunto da ciò, per toccare molto in superficie, un concetto che, se capito e sconfitto, può essere d’aiuto sia al visionario (averlo!) insostituibili “seguaci”: l’indifferenza. Premetto, brevemente, che si ha bisogno di persone che non si accontentano più della mediocrità della loro vita e che decidono, risvegliando le proprie coscienze, di lasciare ai margini della loro esistenza certi “mezzi e comportamenti di sussistenza” (fino ad allora al centro della loro esistenza) e “usarli” solo per quelli che sono, cioè strumenti, mezzi e non fini. Quindi, il pessimismo di molti a Sellia è da capire, ma non da giustificare e, men che meno, avallare. Se lo si facesse, al posto della targa “SELLIA ( Prov. di Catanzaro)”, posta alle due entrate, si dovrebbe mettere una sorta di “insegna” con su scritto l’inesorabile avvertimento dantesco: ”Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. Invece, non dobbiamo permettere che gli stati negativi di certe persone siano come le infezioni. Cioè, nessuno prova raccapriccio per la prova infezione, ma tutti sono pronti a giudicare le infezioni altrui. La citazione del Sommo, mi permette di venire al tema in questione. Il “che me ne fotte” riportato da Uzurifotulu, è riferito a uno degli ignavi o indifferenti di Sellia. Gli indifferenti (più famosi) dei quali Virgilio, rivolgendosi al Pellegrino (Dante), dice: ” Questo misero modo tengon l’anime triste di coloro Che visser sanza infamia e senza lodo…” fanno parte di una schiera d’anime che freneticamente corrono dietro a un “insegna” vuota. Calabroni (semplice coincidenza?) ronzano intorno alle facce di questi dannati e li pungono nella corsa. Dante ci dice che l’indifferente, consapevole della sua vulnerabilità, se ne sente sopraffatto e, per proteggersi, cerca, in tutti i modi, di non essere toccato dalla vita. Lì (nell’inferno), invece, sono costantemente “toccati” dai pungiglioni dei calabroni, a dimostrazione che non è possibile attraversare l’esistenza senza provare emozioni. L’indifferenza, intesa come fuga dalla vulnerabilità umana, si può manifestare in vario modo. Si può ricorrere al sarcasmo o al cinismo per attutire o persino ammantare una sollecitudine premurosa (rappresentata da chi crede ancora in una rinascita di Selllia), o ci si può distrarre per impedire che gli aspetti più “faticosi e lavorati” della realtà penetrino nella propria coscienza. E ancora, la si può manifestare tramite il rifiuto cronico di decidere, o tramite l’arrendevolezza passiva verso ciò che vogliono gli altri (migliorare la situazione?). Ma, a cosa tende l’indifferenza? Più di ogni altra cosa, essa cerca l’oblio, come forma di fuga della realtà. Gli indifferenti non nuocciono intenzionalmente agli altri; sono troppo preoccupati a proteggere se stessi. Eppure, con la loro ignavia provocano insofferenza. Se si considera la vita insignificante, qualcosa che “va percorsa” chiudendo il più possibile gli occhi, se ne svilisce la preziosità e la si riduce a una lotta tediosa, priva di scopo. A questa indifferenza, bisogna contrapporre una libertà utilitaristica, in quanto causata, svegliata dalla volontà di conferire al proprio esistere senso e interesse. Sarà proprio l’impegno politico, o un qualsiasi progetto pratico ( le famose “situazioni” o “circostanze”) a svelare a quella persona la propria essenza. Scrive Sartre in “Essere e il Nulla”, “ Non vi è libertà se non di situazione, e non vi è situazione se non attraverso la libertà” e, un altro a me caro, Miguel Unamuno: “Io sono io più le mie circostanze”.