Leggo che...

Totò, nella famosa lettera...dettava " ...perchè abbiamo avuto una morìa delle vacche..." Carcasse lasciate a se stesse in putrefazione rispecchia l'attuale stato della NATURA e non della SOCIETA', in quanto, se questa fosse presente non si avrebbero queste inconcepibili contraddizioni. In altre parole, dallo stato di natura, progredendo, l'uomo si illudeva di passare allo stato di società. Oggi, invece, accade il contrario nonostante gli sforzi di quei pochi che credono (chiamati, dagli "sberti", ingenui, idealisti...filosofi) in uno stato societario migliore. Per "stato di natura" si intende quello stato in cui gli uomini si trovano prima di prendere la decisione di formare una società. Hobbes affermava che la condizione naturale dell'uomo è l'anarchia, lo stato di guerra derivante dall'assenza delle leggi, gli uomini non sono individui naturalmente sociali, al contrario sono egoisti e tendono a perseguire ciascuno i propri interessi a scapito di quelli degli altri, per cui lo stato di natura si risolverebbe in una "guerra di tutti contro tutti" (bellum omnium contra omnes), una condizione in cui "ciascun uomo è lupo per gli altri uomini" (homo homini lupus), figurarsi se non fa il lupo nei confronti degli animali...morti! Questa condizione non garantisce nemmeno l'incolumità fisica e quindi igienica, perché in assenza di leggi, o meglio, in assenza dell' implementazione, dell'applicazione delle leggi che in Italia esistono, eccome se esistono, ognuno ha "diritto" su tutto, compresa la vita degli altri e sul non dare degna sepoltura a "una volta" esseri viventi. "Sai dirmi , Socrate, se la virtù può essere insegnata? O se nè può essere insegnata ma se può essere prodotta con l'esercizio ?Oppure se non può nè essere prodotta con l'esercizio nè essere insegnata,ma se invece, tocca agli uomini per natura o in qualche altro modo?", chi parla è Menone protagonista nel dialogo Platonico "Menone" appunto, dove Platone farà dire al "personaggio" Socrate che si rivolge a Menone dicendo: "...there is no teaching, but only recollection", cioè, non c'è insegnamento ma solo il ricordare stimolato da domande appropriate. Cosa voglio dire con questo? Semplicemente che l'uomo di oggi non avendo tempo perchè indaffarato a fare soldi, a sopravvivere e a non vivere in modo corretto, non si pone il problema, non si fa domande e non permette a chi vorrebbe fargliele di farlo.

Non c'è niente di più profondo di ciò che appare in superficie. -Georg Hegel-

? Niente affatto!!! Ci sono, tutt'ora(!), nel nostro Bel Paese le "reminescenze" di un'unità fatta nel 19mo secolo non perchè sentita da comuni intenti, ma perchè in "modalità signorie e statarelli" il "saccheggio" era, evidentemente, arrivato al termine e la vacca non poteva essere più munta. Cambiando la modalità di stare insieme, da "macchia di leopardo" a " camaleonte", è cambiato la superficie ma non la sostanza. Non starò qui ad elencare le varie ingiustizie delinquenziali perpetrate, con tanto di sigillo "legale" dall'unità d'Italia a tutt'oggi dai piani alti della nostra civile repubblica parlamentare. Mi limiterò a dire che viviamo e siamo, da sempre, parte di uno Stato mafioso. Tutti ci siamo accorti dell'attuale crisi globale (chi + chi -). Il medioevo stava all'orticello come il post-moderno sta all'Ucraina o alla Corn Belt statunitense. I tempi sono diventati complessi, forse anche troppo. Ma, la bellezza e la complessità dei tempi non sono in contraddizione: non è bello un tempo facile. Bello è un tempo arduo, un tempo in cui inerpicarsi. Ungaretti dice salire costa però è l’unico modo per raggiungere la vetta, se no si resta a valle o presso la palude.
Quindi il nostro è un tempo straordinario e straordinariamente propizio per ricominciare, per chi abbia voglia di ricominciare, per chi del mito di sisifo ne fa non una rassegnazione ma una resurrezione...costante. Questo, non vale, evidentemente, per i vari ladruncoli paesani, i bulloncelli di quartiere e/o i capibanda che taglieggiano e/o danno vigliaccamente fuoco non solo ai terreni boschivi, in estate, ma anche a "personificazioni", come possono esserle le automobili, che rappresentano, in questo caso, almeno lo spero, la legalità, l'industriosità, la società del merito e che, invece, sono nostalgici di luoghi che si sono dissolti e si stanno dissolvendo perché sono insufficienti, perché erano e si stanno manifestando insufficienti alla crescita dell’umanità.
Cosa c’entra questo con l'atto doloso di Sersale? Un atto è doloso se qualcuno lo ha eseguito cagionando un danno a qualcun'altro. Ciò è possibile perchè si abita insieme un territorio. Il nostro abitare, le città, i nostri paesi stanno vivendo, da tempo, un finire, che è un finire antropologico. L’abitare corrisponde a figure culturali antropologiche: quindi, la crisi delle città, più acutamente, e la crisi dei paesi, più sommessamente, denunciano una crisi antropologica e di cultura. È un’intera cultura che si sta trans-figurando, cioè sfigurando, perdendo la sua figura per trovarne un’altra.
Mi sto trasformando e sto trasformando le mie relazioni. C'è chi ci riesce perchè accetta la sfida, c'è chi non ci riesce perchè non vuole accettarla. Questa è l’enorme responsabilità che viene data all’umano e alle sue relazioni. È come se non avessimo più coperture antropologiche storiche: mi metto il mantellino di cattolico, da musulmano, di Al-Quaeda, così posso ammazzare qualcuno. Perché, finora le "identità in muratura" sono servite essenzialmente a questo, come sono servite le "identità di squadra": sono della Juve per poter odiare quelli dell'Inter. Quindi, poter odiare è una delle cose che l’uomo ama di più e sa fare meglio. Odiare e ammazzare. L’abbiamo dimostrato nella storia: siamo dei geni dell’omicidio. Si incendiano due auto a Sersale? Cosa sono due auto al cospetto del nostro passato? A un omicidio, a una strage? Niente. Eppure, due auto bruciate rappresentano o dovrebbero rappesentare la bellezza del momento, la grande opportunità che i lungimiranti di Sersale, e quelli del circondario, non dovrebbero prendere sottogamba, anzi avvedersi che c'è qualcuno a cui il relazionarsi non importa e che per questo non può abitare il loco e deve essere isolato e punito. L'alternativa c'è e ce la da Fedro quando scrive: "Straziato un tizio dal morso d'un cane in furia, alla mala bestiaccia butta un pane intinto di sangue: è quello, ha udito dire, della ferita il rimedio. E allora Esopo: " Non farlo", dice, " quando ne sono presenti parecchi di cani, che non ci mangino vivi quando sapranno che in tal modo si premia la colpa".

SE HANNO SUCCESSO I MALVAGI, MOLTI NE SONO ALLETTATI.