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Gianni Amelio

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Messaggio  Admin Sab 31 Gen - 18:17

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Gianni Amelio

(S.Pietro Magisano, Catanzaro, 1945)

Dopo aver frequentato il Centro Sperimentale ed essersi laureato in filosofia, negli anni ‘60 lavora come operatore e poi aiuto regista in molte pellicole, perlopiù con Gianni Puccini ("Ballata da un miliardo", "Dove si spara di più", "I sette fratelli Cervi").
Debutta dietro la macchina da presa nel 1970 con "La fine del gioco", realizzato nell’ambito dei programmi sperimentali della RAI; tutta la prima parte della sua carriera, peraltro, verrà giocata nell’ambito televisivo. E’ del 1973 "La città del sole", curiosa ed elaborata divagazione su Tommaso Campanella che ottiene il gran premio al Festival di Thonon dell’anno successivo; ad esso segue "Bertolucci secondo il cinema" (1976), un documentario sulla lavorazione di "Novecento".
Vengono poi l’atipico giallo - girato con telecamera, su ampex - "La morte al lavoro" (1978), vincitore del premio FIPRESCI al Festival di Locarno; è dello stesso anno "Effetti speciali", originale thriller che vede protagonisti un anziano regista di film dell’orrore ed un giovane cinefilo.
Nel 1979 è la volta de "Il piccolo Archimede", suggestivo adattamento dell’omonimo romanzo di Aldous Huxley che frutta a Laura Betti il riconoscimento di miglior attrice al Festival di San Sebastian. Con il successivo "Colpire al cuore" (1982), il Nostro approda infine al normale circuito cinematografico: presentato alla Mostra di Venezia, il film - incentrato sul rapporto tra un padre ed un figlio, con l’ombra del terrorismo che s’insinua fra i due - riscuote ampi consensi sul fronte della critica.
Che si ripetono in occasione dell’ottimo "I ragazzi di via Panisperna" (1988), ove vengono raccontate le vicende del famoso gruppo di fisici capitanato, negli anni ‘30, da Fermi e Amaldi; e dell’ancor più riuscito "Porte aperte" (1990, dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia), che gli procura una meritata nomination all’Oscar grazie anche alle straordinarie interpretazioni di Gian Maria Volontè ed Ennio Fantastichini.
Dipoi, gli straordinari esiti artistici de "Il ladro di bambini" (1992, vincitore del gran premio speciale della giuria al Festival di Cannes), di "Lamerica" (1994), di "Così ridevano" (1998, Leone d’oro alla Mostra di Venezia) lo consacrano autore di valore assoluto e respiro internazionale. Il 2004 segna il ritorno del Nostro come regista e sceneggiatore con "Le chiavi di casa", liberamente ispirato al romanzo "Nati due volte" di Giuseppe Pontiggia. Il film, interpretato da Kim Rossi Stuart e Charlotte Rampling, è tra i protagonisti della 61ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, alla quale Amelio partecipa in concorso.
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Quello che mi colpisce di Amelio e' il fatto che niente nei suoi film riconduce alla Calabria. E' come se Amelio abbia rifiutato di avere a che fare con nulla di intimistico o autobiografico nelle sue opere.
In una intervista fatta anni fa Amelio rispose ad un giornalista che gli chiedeva se avesse alcuna nostalgia delle radici:
" Non so cosa sia la nostalgia. Penso che ognuno di noi debba vivere poiettandosi nel futuro, se c'e' un difetto in molti calabresi, e' questo adagiarsi su situazioni nostalgiche di comodo, che derivano da un atteggiamento molto preciso: il fatto di vivere spesso autocommiserandosi. E' il vittimismo di cui bisogna liberarsi una volta per tutte."

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Messaggio  Ospite Sab 31 Gen - 20:58

Gianni Amelio, personaggio molto vicino a noi, ha sempre odiato quella miseria che gli faceva portare sacchi in sila sulle spalle, ma di piu' quelle derisioni all'epoca da parte della gente per la sua passione, passione ora di andarne fiera, ecco quello che gli ha sempre dato fastidio, il saluto del bisogno solo perche ora lui e' famoso.Ma ora dove sono andate a finire quelle derisioni e afferma "fatti come mi sono fatto io e credi nelle tue passioni".
Io non l'ho mai conosciuto di persona, sono amico del fratello che e' mio coetaneo. Ma secondo me ha un grande odio e amore per la nostra terra.

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Messaggio  Admin Dom 1 Feb - 1:06

Non conosco molto i film di Amelio ma mi sembra che il suo tipo di cinema sia di tipo intimista e specifico, diretto piu' ad un pubblico d' elite che alla massa. Puo' darsi che Amelio abbia questo tipo di rapporto ci cui parli con la Calabria e se cio' corrisponde a verita', secondo me non lo nobilita ma lo ridimensiona in qualche modo.
Io non mi aspetto che un regista che diventa famoso debba poi eventualmente sfociare nella glorificazione delle origini, oppure peggio, scadere in un tipo di regionalismo patetico, ma credo che Amelio abbia esagerato un po' nell'obliare cinematicamente del tutto la regione nella quale, bene o male ha vissuto fino a vent'anni. Nemmeno nella "Citta' del Sole" del 73, ho letto che e' stata ambientata in Calabria e ne aveva ben donde perche' Campanella e' nato a Stilo e la Calabria come terra, si presta meglio di altre al sogno di una societa' utopistica. Forse in Amelio c'e' quel risentimento verso una terra che non lo ha aiutato, ma questo astio se c'e', non e' giustificabile in una persona colta; l'uomo della valigia di cartone, un certo tipo di bracciante agricolo, ecco, l'astio dell'emigrante incolto e' giustificabile perche' fa parte di una mente limitata, una mente che accoglie un certo benessere materiale come materia primaria assoluta e rifiuta gran parte del resto.
Per fare un esempio di un regista del sud che non ha raccontato storie strappalacrime, oppure trame forzatamente caramellose di un certo ambiente, Giuseppe Tornatore, siciliano, ha saputo raccontare storie ambientate in Sicilia e le ha mantenute su un certo livello, basta pensare a "Nuovo Cinema Paradiso", "Malena", "L'uomo delle stelle", ecc.
Tornatore ha voluto dare alla sua terra natia un certo omaggio, Amelio no.

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Messaggio  Keope Dom 1 Feb - 18:51

Comunque resta sempre un grande regista calabrese da andarne fieri. Almeno credo anche se non ho visto molti suoi films. :farao:
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Messaggio  U CAVUNA Dom 1 Feb - 20:51

no comment!!!!!
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