Memorial Rosario Caravita

Date le due occasioni memorabili ho avuto il permesso di farmi sentire: è per me un 'occasione da non perdere ed esternare ciò che mi passa per la mente. Tutù & Rorò e i loro rispettivi memorial. Già, il memorial. Che cosa si fa? Che cosa si dice? Ma, soprattutto, cosa si riesce a "dire" in tale forma che non si riesce a dire in altra? Dedicare del tempo a un amico che non c’è più. Un paradosso? Certo. Come quando qualcuno ti dice che la vita non si misura da quanti respiri facciamo, ma dai momenti che ci tolgono il respiro. Cos’è, quindi, un memorial se non un dedicare un po’ del nostro tempo affinchè la nostra esistenza si arricchisca e non certo si impoverisca? Cos'è un memorial se non trovare il coraggio di dire insieme, senza "arrossire" e passare per un romanticone nostalgico, che si trova ingiusto che l'amico di tanti gioiosi ricordi ci abbia lasciato? Certo, è paradossale anche il fatto che, spesso, può chi non c'è più, rispetto a chi ancora è tra noi. Traduzione: finchè ci sarà questo spirito paradossale, la battaglia del convivere quotidiano verso un miglioramento reciproco potrà esser vinta. Tutù, Rorò: grazie.

Esprimere pubblicamente le proprie emozioni...non fa altro che rendere l'animo gentile e resiliente, ovvero lo rende più forte per davvero. Non bisogna certo avere nè remore e nè essere restii. La chiave di volta di una comunità è avere la forza di esprimere, il più palesemente possibile, il riconoscimento dell'Altro, e, nello specifico, gli atti o valori socialmente condivisi e dallo stesso messi in campo.